Voltmetro

Posted on 05/07/2022 in amarcord

Post tecnico, ritenetevi avvertiti.

Allora, laboratorio di Misure Elettriche intorno al 1987, dovevamo fare una serie di misure di zero.

Come mi pare di ricordare che si facessero: si prende un aggeggio chiamato resistore variabile, si mette in ponte con una resistenza incognita, gli si dà una regolata grossolana col voltmetro alla minima sensibilità finché il voltmetro segna zero (sui bracci del ponte non c'è tensione). Poi si aumenta la sensibilità, per cui quello che pareva zero si rivela essere stato zero e un pezzettino, e si fa una regolazione più fine del resistore riportando il voltmetro sullo zero esatto. Poi si aumenta la sensibilità e si fa una regolazione ancora più fine. Quando il voltmetro, arrivato alla sensibilità dei milionesimi di volt, ha la lucina sullo zero, è finita: si legge il valore del resistore variabile, e si fanno due conti per trovare quello incognito.

E poi si ricomincia con un'altra resistenza.

Ora, questo voltmetro (il nome tecnico, ho scoperto da poco grazie a Google, dovrebbe essere galvanometro di Deprez-Arsonval) è fatto da una molla delicatissima, tenuta da un filo delicatissimo che regge uno specchietto delicatissimo. La corrente modifica la posizione dello specchietto, e una luce (anche quella delicatissima) rimbalza su un quadrante, e tu vedi un tondino luminoso che oscilla delicatamente su un delicatissimo quadrante. Tutto fatto perché l'ambaradan non deve essere toccato da mano umana: è delicatissimo. Praticamente i giapponesi ci fanno su gli haiku su questa storia. Gli argomenti tradizionali sono i petali di ciliegio in fiore, l'alba sul monte Fuji in primavera, e i voltmetri a molla in bronzo fosforoso.

Comunque, laboratorio, si comincia a fare la prima misura. Dopo la misura, bisogna resettare il resistore, e soprattutto riportare la sensibilità del voltmetro al più grezzo, perché se lo lasci a misurare i microvolt, e gli spari dieci volt -- cioè dieci milioni di microvolt -- capite bene che al delicatissimo voltmetro può venire un delicatissimo ictus.

Resetto il resistore, resetto il voltmetro, faccio la seconda misura.

Resetto il resistore, resetto il voltmetro, faccio la terza misura, stiamo andando come treni e finiremo per primi.

Io mi muovo come una macchina perfetta, implacabile. Metti la resistenza, togli la resistenza.

Come avrete già capito, a un certo punto mi dimentico di resettare il voltmetro.

Attacco il voltaggio pieno al delicatissimo voltmetro.

Si sente un per nulla delicato "SDENNNG!", e la lucina parte in orizzontale sul quadrante a velocità folle. E sparisce.

E non ritorna.

Aspetto una decina di secondi: nulla. Panico. Cioè, si parla di uno strumento delicatissimo, ne avevamo dieci in tutto, il prof ci aveva fatto una testa così sulla precisione e delicatezza di questi strumenti meravigliosi.

E io ne ho appena assassinato uno.

Ovviamente, è proprio in quel momento che si apre la porta ed entra il prof. Iuculano, che comincia a fare domande al primo gruppo di studenti. Noi s'era tipo il quarto o quinto.

Mentre sotto di noi si spalanca l'abisso, ciappiniamo disperatamente col voltmetro, spegni, riaccendi, ma questo niente -- morto. Lo Iuculano arriva a far domande al secondo gruppo.

Il panico supera il livello di guardia, sicché vengo colto da una ispirazione, sparo un enorme e falsissimo colpo di tosse e simultaneamente mollo il padre di tutti i nocchini alla colonna del voltmetro. Praticamente mi disintegro le nocche, ma tanto cos'ho da perdere.

La lucina ricompare oscillando. Neee... neee... neee... ne. Si ferma sulle ventitré. A voltmetro scarico, segna tipo due volt, chiaramente sballati. Ma, forse...

Quando lo Iuculano arriva al nostro gruppo mi vede abbracciato al voltmetro tipo Fantozzi, "Cosa fa?", domanda; e io biascico, non scherzo, "il vo-voltmetro è u-uscito di allineamento e io sto pro-procedendo a una ricalibrazione a vuoto", e non ho la minima idea di cosa io abbia appena detto.

E invece il prof s'illumina tutto ed esclama, "Bravo, bravi! Non ve lo avevo detto a lezione, ma è spesso necessario ricalibrare questi voltmetri, sono apparati molto molto delicati, mi faccia vedere, vediamo cosa vi ha insegnato il dottor Forti".

E io giro la rotellina e ricalibro 'sto voltmetro, cosa che non ci era mai stata neanche accennata, e non so come - vabe', okay, non era difficile - ce la faccio.

Il nostro gruppo all'esercitazione prese il massimo, e almeno io acquisii una naturale regolarità che il Bifidus Actiregularis, ci fosse stato, lo avrei preso di tacco.

(Poi, qualche settimana più tardi e ringalluzzito dallo scampato pericolo, divenni addirittura così spudorato da permettermi di prendere a prestito un po' di equipaggiamento da quello stesso laboratorio, per indagare un piccolo mystero che m'ero ritrovato in casa).